Un'eredità a piccole dosi
Normalmente uno dei desideri più grandi che abbiamo è che ciò che si è realizzato nella nostra vita possa essere, un domani, correttamente ripartito e serenamente goduto da chi rimane.
Per questioni, però, di scaramanzia e di scarsa consapevolezza di come vanno poi a volte le cose, quasi nessuno decide di prendere carta e penna e definire nello specifico come vorrebbe che fossero ripartiti i propri averi (solo l’8% degli italiani lo fa), rimettendosi completamente a quelle che sono le regole standard previste dalla legge in tema di successioni.
Regole certamente chiare ma che calate sulle mille diverse realtà esistenti finiscono, sovente, per creare problemi e contrasti a non finire tra gli eredi, tanto che le cause legali relative a questioni successorie sono tra le più frequenti in sede di giustizia civile.
È altrettanto vero che ci sono situazioni (patrimoniali e/o familiari) in cui un normale testamento potrebbe non essere sufficiente: ad esempio nel caso (non troppo raro) in cui i futuri eredi - per una loro propensione a gestire con poca oculatezza le finanze – possano essere a rischio di dissipare qualsiasi tipo di patrimonio che un domani dovessero ricevere.
In un simile caso, ove oltretutto il patrimonio fosse di una certa consistenza, si potrebbe prendere in considerazione l’utilizzo di uno strumento come il trust che – se ben strutturato – permetterebbe di eliminare questo rischio.
Vediamo in sintesi come funziona un trust.
Con il trust un soggetto (detto “disponente”) trasferisce un suo bene/patrimonio ad un altro soggetto (detto “trustee”) affinché lo gestisca per realizzare determinate finalità di natura imprenditoriale, finanziaria o familiare.
Il trustee è un “fiduciario” nel senso che dei beni ricevuti può disporne solo per quello che gli è stato indicato nell'atto istitutivo. Può essere una persona fisica (un professionista o un familiare di fiducia) o – meglio ancora - una società fiduciaria con specifiche strutture, competenze ed autorizzazioni (le più importanti sono legate a gruppi bancari).
I beni messi nel trust possono essere immobili, portafogli finanziari, aziende, mobili, ecc.
Nell’atto istitutivo di un trust il disponente stabilisce le regole, la durata, i beneficiari, i poteri del trustee, i poteri del “guardiano” (cioè di chi controlla l’operato del trustee), i criteri dell'amministrazione dei beni, l'impiego dei redditi, la destinazione finale dei beni…
Ricordo anche che nel 2016 con la famosa legge del “Dopo di Noi”, il legislatore italiano ha riconosciuto e “sdoganato” il trust quale importante strumento d’utilità sociale soprattutto in presenza di persone con disabilità fisiche o psichiche (prevedendo anche importanti sgravi fiscali).
Tornando alla situazione sopra descritta, lo strumento che si potrebbe usare è il cosiddetto “trust dormiente”: un trust, cioè, da istituire “oggi” ma con attivazione sospesa fino alla morte del disponente quando – e questa è l’ulteriore particolarità - il trustee non procederebbe a trasferire il patrimonio agli eredi ma provvederebbe a gestire gli immobili e le attività finanziarie erogando loro, ad esempio, per 10 anni una rendita di 10.000 € al mese con liquidazione finale del capitale residuo (ovviamente l’importo della rendita e la durata del periodo di distribuzione dipendono strettamente dall’entità del patrimonio).
Facile, quindi, comprendere come in questa maniera potremmo evitare che certi eredi - un po’ troppo allegri - brucino in pochi anni il patrimonio ereditato (rischiando di rimanere poi senza più nulla di che vivere) a fronte invece della ricezione di una utile rendita periodica.
Nella speranza di avere fornito qualche utile spunto di riflessione, faccio – seppur con un po’ di anticipo - i miei migliori auguri per un Sereno Natale.
Filippo Cordella
Private Banker
Fideuram-Intesa Sanpaolo Private Banking
Ancona-Civitanova-Jesi-Senigallia-Pesaro
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