Bazzecole, quisquilie, pinzillacchere ….
Tutti la conoscono, tutti ne sentono parlare ma di quali siano i danni che l’inflazione provoca davvero sui nostri risparmi ed investimenti solamente pochi ne sono davvero consapevoli.
Un anno fa (1/5/2021) nel post “Spendi, Spandi, Effendi ...” scrivevamo:
“[…] tanto più alta è la liquidità di un portafoglio e tanto maggiori sono gli effetti nefasti provocati dall’inflazione che, al momento, nell’Unione Europea sta viaggiando a + 1,3% e negli Usa a + 2,6% ...e sarà ancor più valido in considerazione dell’accelerazione attesa nei prossimi mesi quando si comincerà ad uscire da questa pandemia.”
Sette mesi fa (9/10/2021) su “Per fare l’albero, ci vuole il seme” aggiungevamo:
“[…] anche se le Banche Centrali continuano a sostenere che si tratta di una inflazione transitoria (in Europa siamo al 3,4% e negli Stati Uniti addirittura al 5,3%) e che presto tornerà sotto controllo, io ritengo che sia comunque utile incrementare le attività finanziarie legate ad asset reali e all’economia.”
Purtroppo non si poteva essere più precisi di così visto che l’inflazione è ad oggi arrivata al 7%-8% e difficilmente rientrerà in tempi brevi (neanche se Putin decidesse domattina di ritirare le sue truppe dall’Ucraina) poiché le cause sono in buona parte ascrivibili a fattori esogeni (strozzature delle catene di approvvigionamento, rincaro diffuso delle materie prime, cambiamenti climatici) e strutturali (transizione energetica e de-globalizzazione).
Cause che, quindi, non potranno essere efficacemente combattute dalle Banche Centrali con la solita arma dell’aumento dei tassi di interesse che, oltretutto, non potrebbero mai superare certi livelli - quelli dell’inflazione - sia perché condannerebbero l’economia mondiale ad una disastrosa recessione da cui sarebbe impossibile uscirne, sia perché - visto lo stock raggiunto dal debito globale - non sarebbero sostenibili da parte di chi (Stati, imprese) quegli interessi dovrebbe poi pagarli.
Risultato di tutto questo è che a fronte di prezzi di beni e servizi che stanno aumentando del 7-8% il rendimento medio offerto dai titoli di stato americani, tedeschi ed italiani è attorno allo 0,6% su scadenze ad un anno, al 2% a 5 anni, al 2,40% a 10 anni.
Siamo, quindi, in presenza di rendimenti pesantemente negativi in quella che può essere definita una situazione di “repressione finanziaria”.
Da Wikipedia: “Con il termine tecnico repressione finanziaria si intende una situazione economica in cui il risparmio genera rendite molto basse, inferiori al tasso di inflazione. Di conseguenza il tasso di interesse reale del debito pubblico è negativo. Si tratta quindi di una forma indiretta e non esplicita di ristrutturazione del debito pubblico.
Nel noto studio del Fondo Monetario Internazionale “The Liquidation of Government Debt”,si evidenzia come nel periodo del dopoguerra i bassi tassi di interesse e l’elevata inflazione hanno contribuito a erodere il debito pubblico reale che si era accumulato durante la seconda guerra mondiale.
Nell’arco di tempo 1945-1980 i tassi di interessi reali sono stati negativi per circa la metà del periodo. Per la precisione in media il debito pubblico è stato liquidato tramite tassi di interesse negativi nella misura del 3-4% all’anno, e in paesi come l’Italia o l’Australia, con inflazione più elevata, nella misura del 5% all’anno circa.”
Chiaro quindi che, se per i conti pubblici la repressione finanziaria rappresenta una “manna dal cielo”, per coloro che lasciassero “riposare” i propri averi in un conto corrente, in un certificato di deposito, in un’obbligazione a tasso fisso, sarebbe un vero e proprio disastro: su 100.000 € dopo un anno se ne volatilizzerebbero 7.000 € per colpa dell’inflazione (a fronte di soli 600 € di cedole incassate).
Non molto diverso sarebbe il risultato per chi impiegasse i propri 100.000 € su obbligazioni e/o titoli di stato a reddito fisso a più lungo termine: alla scadenza la perdita di potere di acquisto sarebbe ampiamente superiore agli interessi incassati oltre al rischio di subire forti oscillazioni dei prezzi (degne di investimenti con prospettive di rendimento ben superiori): ad esempio da inizio 2022 ad oggi i prezzi dei titoli governativi tedeschi ed americani sono scesi dell’11% e quelli del Btp del 14% !!
Prima di terminare rivolgo un pensiero al “povero” Giuliano Amato che rimarrà per sempre nella memoria degli italiani per colpa di quella patrimoniale dello 0,6% su c/c, depositi bancari e postali decisa dal suo governo il 10 luglio 1992: “bazzecole, quisquilie, pinzillacchere” - direbbe Totò - rispetto all’odierna “tassa occulta” dei rendimenti reali negativi (10 volte più pesante).
Una “tassa occulta” che potremmo – comunque - scegliere di non pagare impostando un portafoglio ben distribuito a livello geografico e correttamente diversificato in asset class tradizionali, componenti decorrelate, indicizzate all’inflazione, beni rifugio che in un orizzonte di 7-10 anni ci metta al riparo dai danni dell’inflazione.
Un portafoglio da trattare alla stregua di una pianta da frutto: con dedizione, pazienza e consapevolezza del fatto che nello scorrere del tempo si incontreranno anche periodi di gelo, vento, caldo afoso: periodi che, però, non impediranno alla nostra pianta - negli anni - di crescere e darci i suoi frutti.
Filippo Cordella
Private Banker
Fideuram-Intesa Sanpaolo Private Banking
Ancona-Civitanova-Jesi-Senigallia-Pesaro
Cell: 3200222185